Nel corso degli ultimi anni la progettazione energetica ha assunto sempre maggiore importanza. L’introduzione della tecnologia degli isolamenti a cappotto ha portato ad un radicale cambiamento della concezione stessa delle tecnologie di isolamento.
Prima di affrontare il discorso in merito ai ponti termici, occorre fare un brevissimo richiamo alla ragione per cui nei muri si formano quelle che tutti noi comunemente chiamiamo "muffe". La formazione di muffe si ha quando all’interno di un ambiente la normale umidità che è presente nell’aria si condensa nei muri. Questo fenomeno di condensazione crea un terreno fertile per la proliferazione di questo fungo pluricelllulare che, quando forma i classici agglomerati a tutti noti, viene comunemente chiamato muffa.
E’ importante sapere che questo fungo non è solo antiestetico, brutto da vedere e fonte di cattivo odore. Essendo ricco di spore, è anche nocivo per la salute di chi ci abita in quanto può causare fenomeni di irritazione a livello respiratorio.
L’umidità all’interno delle nostre case ha differenti fattori di produzione. Ogni volta che respiriamo, infatti, emettiamo umidità; ogni volta che cuciniamo, l’evaporazione della parte liquida dei cibi durante la cottura (non solo quando si bolle l’acqua insomma) porta alla formazione di vapore acqueo. Anche la stessa sudorazione porta, sebbene in portata minore, ad un aumento dell’umidità dell’aria all’interno della casa.
Quindi, come abbiamo visto, le normali attività quotidiane portano alla creazione di vapore acqueo e conseguentemente di umidità, umidità che va ad aggiungersi a quella che è già naturalmente presente nell’aria.
Prima di passare all’argomento di questo articolo ci resta da capire (mi perdonino quelli che leggeranno e per cui queste cose sono scontate) come funziona la condensazione dell’acqua.
Tutti i giorni abbiamo a che fare con fenomeni di condensa, dalla rugiada che vediamo sui prati ai vetri della macchina che si appannano.
Vediamo quindi di capire, in modo molto semplice, qual è la fisica che sta dietro a questo fenomeno.
L’aria contiene al suo interno normalmente una percentuale di vapore acqueo in sospensione. Questo è, di fatto, acqua allo stato aeriforme che non è presente (come magari qualcuno potrebbe pensare) solo a 100° quando l’acqua bolle.
Una certa quantità di acqua sotto forma di gas è sempre presente nell’aria. Quella che noi comunemente chiamiamo umidità non è altro che una indicazione della quantità di acqua che è in sospensione nell’aria.
Siamo tutti abituati a sentire questo valore espresso secondo una percentuale (il 50% di umidità), ma in realtà quello che può apparirci un valore assoluto non è per nulla assoluto. La percentuale che noi siamo soliti sentire, infatti, non è altro che il rapporto tra la quantità di acqua sotto forma di vapore presente nell’aria e la massima quantità che quell’aria può ospitare.
Oltre quel valore (detto umidità di saturazione) l’acqua non può più restare in sospensione ma condensa e torna allo stato liquido.
Questo fenomeno è quello che genera, appunto, tutti i fenomeni di condensazione che vediamo giornalmente (la rugiada, i vetri dell’auto che si appannano, ecc.). Questo valore di quantità massima di acqua che può restare in sospensione nell’aria non è però un valore assoluto, ma è legato a due parametri: il primo e più importante (almeno nei nostri casi) è la temperatura dell’aria stessa, il secondo la pressione. Nei nostri casi, ragioneremo sempre a pressioni costanti, quindi possiamo far finta di dimenticarcene nel seguito della trattazione.
Ora, avendo chiari questi semplici concetti, possiamo capire come si comporta l’aria che è nelle nostre case e come mai si formino queste muffe.
La ragione è molto semplice.
L’aria umida all’interno delle nostre case è ad una temperatura mediamente piuttosto elevata (attorno ai 20-22°). A questa temperatura, la quantità di acqua che può stare in sospensione nell’aria è elevata. Ma cosa succede quando quest’aria carica di umidità va a lambire superfici più fredde?
Quello che succede è che l’aria si raffredda perdendo la sua capacità di ospitare al suo interno acqua sotto forma di vapore (in termini tecnici, scende la sua umidità di saturazione). Ovviamente, la quantità di acqua che era presente nell’aria “calda” non sparisce per magia e quindi si possono avere due casi: se la nostra aria “fredda” è ancora in grado di ospitare tutta l’acqua presente in sospensione, salirà solamente il suo tasso di umidità; se, invece, la quantità di acqua è superiore a quella che l’aria “fredda” può ospitare, la quantità in eccesso condenserà.
Anche qui bisogna fare attenzione a capire una cosa importante.
Il fenomeno della condensazione è un fenomeno inevitabile: quando raffreddiamo un’aria ad alto contenuto di umidità ci sarà sempre della condensa. Ma quando questa umidità è pericolosa e quando non lo è? Questa umidità diventa pericolosa quando l’acqua che condensa si viene ad accumulare e non evapora. Questo porta alla formazioni di un ambiente adatto alla proliferazione delle muffe e quindi a tutti i problemi con cui, più o meno tutti, qualche volta ci siamo scontrati.
Ora una domanda sorge spontanea. Come mai nelle vecchie case (che erano senza isolamento) non si avevano problemi di muffe e invece nelle nuove case sì? Per capire questo, occorre richiamare quanto detto prima. Posto che l’umidità dell’aria quando incontra superfici fredde può condensare, cosa cambia tra le vecchie case e quelle nuove?
Nelle vecchie case, l’assenza completa di un isolamento portava ad una temperatura interna delle pareti piuttosto basta ma sostanzialmente uniforme in tutta la casa (non è proprio così, ma per un attimo facciamo finta che lo sia). Quindi, la quantità totale di acqua che condensava andava a distribuirsi in più punti della casa e più o meno uniformemente su tutte le pareti; questa distribuzione uniforme faceva sì che quest’acqua riuscisse ad evaporare e quindi non si creasse l’ambiente adatto per la crescita delle muffe. Ovviamente anche nelle case vecchie questo non era sempre vero e ci sono tantissimi esempi che possiamo vedere giornalmente: casi di vecchi edifici che in alcuni punti particolari (più freddi degli altri) presentano formazioni di muffe e condense, ecc.
Se guardiamo i vecchi edifici, infatti, noteremo che alcune pareti o alcuni punti della casa più freddi di altri siano soggetti alla formazione di condense, di macchie e di muffe. Infatti, come dicevamo prima, anche le vecchie case non sono proprio tutte fredde uguali e le zone più critiche come le pareti esposte a nord o gli angoli di innesto tra pilastri e solai (che essendo in calcestruzzo sono più “freddi” del laterizio) hanno una temperatura inferiore o una peggiore capacità di evaporazione dell’acqua che si deposita e quindi sono a rischio muffe. Per completezza a questi casi, va aggiunto il caso dei locali con forte produzione di vapore acqueo come le cucine, i bagni e lavanderie, in cui la formazione di condensa non era tanto legata alla presenza di zone fredde ma ad una elevata produzione di vapore acqueo.
Ma quindi, dopo tutto questo discorso, come mai nelle nuove case si sono avuti, nel corso degli anni, problemi di muffa? Il problema delle nuove case è, paradossalmente, legato proprio alla presenza di un isolamento a cappotto. La presenza di strati isolanti da 10/12 cm (ma anche oltre) su tutte le pareti come ormai obbligo nelle nuove costruzioni ha un fortissimo impatto sui consumi e ha anche il vantaggio di mantenere i muri caldi (elemento che contribuisce al confort termico della casa), ma ha un problema sostanziale. Basta un punto freddo nel muro per concentrare lì tutta la condensazione di vapore acqueo con tutte le conseguenze del caso.
Altro problema delle nuove costruzioni è la mancanza, pressoché totale, di ricambi d’aria. Nelle vecchie case tutti guardavamo con fastidio ai cosiddetti spifferi; tutti siamo felici che le nuove finestre siano a tenuta d’aria e che non ci siano spifferi. Ma anche questo fattore di per sé positivo, ha delle controindicazioni. La principale è che tutta l’umidità prodotta nell’ambiente lì resta; senza una corretta ventilazione degli ambienti, quindi, l’umidità si accumula rendendo il processo di condensa pressoché automatico.
Quindi, dopo tutta questa lunga trattazione, cosa possiamo concludere?
La conclusione (sbagliata) è che le case vecchie siano in qualche modo migliori di quelle nuove. Nelle realtà, così non è. Bastano pochi conti per capire che gli interventi di isolamento a cappotto hanno un tempo di rientro di investimento davvero basso e che quindi il futuro dell’edilizia sia sempre più verso case a consumo zero o quasi. La vera sfida sta quindi nella progettazione di queste nuove case. Nella progettazione degli isolamenti a cappotto in modo da non lasciare nessun punto freddo nelle pareti (quelli che tecnicamente vengono chiamati "ponti termici") è necessario studiare ogni minimo dettaglio, dall’aggancio delle finestre a quello delle persiane, alla coibentazione dei cassonetti delle tapparelle, dei balconi e anche delle soglie delle finestre.
Una corretta progettazione di questi dettagli e una attenzione ad una corretta realizzazione in fase esecutiva sono fondamentali per non avere problemi di condensa e muffe. Così come la realizzazione di sistemi di transito dell’aria (o di recupero di calore) e la corretta informazione di chi andrà ad abitare l’immobile. Rispetto a qualche anno fa, quando la progettazione dell’isolamento era spesso approssimativa, poco accurata, ed era fatta più in funzione degli obblighi di legge che per migliorare effettivamente la qualità del prodotto, oggi è fondamentale una corretta progettazione anche della componente di isolamento, altrimenti qualsiasi piccolo errore viene con altissima probabilità evidenziato dall’edificio.
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